È arrivato come un fulmine a ciel sereno. O forse non proprio. I media e la società occidentale in generale hanno reagito con un malcelato stupore alla sentenza rilasciata dalla Corte Suprema in Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization, No. 19-1392, 597 U.S. ___ (2022), nella quale una maggioranza di giudici ha ribaltato due landmark, sentenze storiche, Roe vs Wade e Planned Parenthood vs Casey, due sentenze distinte che hanno fatto la storia del diritto all’aborto negli Stati Uniti. Ma facciamo prima noi un po’ di storia.
Row Vs Wade e Planned Parenthood Vs Casey
Nel 1973, in maniera del tutto inaspettata la maggioranza della Corte, composta dal Chief Justice Burger e gli Associate Justice Douglas, Brennan, Stewart, Marshall e Powell, conferisce per la prima volte nella storia americana a livello federale un diritto assoluto all’aborto fino al settimo mese. Quello fu veramente un fulmine a ciel sereno.
Infatti, anche se in alcuni stati si stava andando verso una progressiva legalizzazione dell’aborto, questa decisione esacerbò considerevolmente i confronti politici e mise fine ad ogni processo di normalizzazione progressiva, impedendo qualsiasi legislazione che fosse più restrittiva di quanto stabilito dalla Corte. Inoltre, una tale decisione era alquanto inaspettata ed un esempio di questo è anche come nelle stesse law review, di norma gli osservatori privilegiati nell’ambito delle discussioni sull’evoluzione delle interpretazioni legali, attraverso i quali sono passate tutti quelli che sarebbero poi diventati diritti Costituzionali, avevano parlato molto poco di un diritto all’aborto di questo tipo.

Associate Justice Harry Blackmun, l’autore di Roe Vs. Wade
La sentenza si basò su due distinte interpretazioni. Partendo dal fatto che nella Costituzione non è citato esplicitamente l’aborto o altre simili pratiche, la Corte si concentrò sul Quattordicesimo Emendamento e, in particolare, sul Due Process Clause e l’Equal Protection Clause, che recitano:
“nor shall any State deprive any person of life, liberty, or property, without due process of law; nor deny to any person within its jurisdiction the equal protection of the laws.”
La Corte si basò sulle sue decisioni in Meyer v. Nebraska, 262 U.S. 390 (1923) e Pierce v. Society of Sisters, 268 U.S. 510 (1925), in cui stabilì ripetutamente che il Due Process Clause garantisce un diritto alla privacy, per farvi rientrare la pratica dell’aborto. La Corte sostenne infatti che la pratica dell’aborto poteva rientrare sotto la protezione del diritto alla privacy, tuttavia, la sentenza fu alquanto vaga e non stabilì esattamente quale emendamento o disposizione costituzionale proteggesse il diritto alla privacy relativamente al diritto all’aborto:
“This right of privacy, whether it be founded in the Fourteenth Amendment’s concept of personal liberty and restrictions upon state action, as we feel it is, or … in the Ninth Amendment’s reservation of rights to the people, is broad enough to encompass a woman’s decision whether to terminate her pregnancy.”
— Roe, 410 U.S. at 153
I problemi sorsero in particolare quando la Corte si concentrò in generale sul Quattordicesimo Emendamento. Va notato come questo Emendamento protegga due categorie distinte di diritti, quelli sanciti nei primi dieci Emendamenti (Bill of Rights) relativamente ai singoli stati, permettendo di applicare le garanzie del Bill of Rights anche agli stati, e un’altra categoria di diritti, non esplicitamente citati nella Costituzione, ma che potrebbero rientrare sotto il Quattordicesimo Emendamento. Data la natura alquanto vaga del testo e dalle parole usate dai Padri fondatori, la Corte Suprema stabilì un test da effettuare per tutti i diritti non esplicitamente inscritti nella Costituzione.
La Corte stabilì che il diritto in questione deve essere “deeply rooted in this Nation’s history and tradition” e “implicit in the concept of ordered liberty.” Washington v. Glucksberg, 521 U. S. 702, 721 (1997), in breve deve essere un diritto o una pratica storicamente e tradizionalmente protetta nella storia americana e rientrare nello schema delle ordered liberty, la pratica di limitare alcuni diritti per garantire l’ordine pubblico, attraverso il compelling state interest.
Sorse quindi fin da subito un problema legato alla reale correttezza dell’analisi storica della Corte. Infatti, venne dimostrato che il diritto all’aborto non fu mai protetto nella storia e nella tradizione degli Stati Uniti e nemmeno nella tradizione di Common Law, derivante dall’epoca inglese. Risultò quindi assai complesso sostenere che fosse ragionevole sostenere che i Padri Fondatori potessero immaginare di proteggere l’aborto attraverso il Due Process Clause del Quattordicesimo Emendamento.
Inoltre, sorse il problema del compelling state interest, altro punto centrale del test utilizzato dalla Corte per stabilire qualora uno Stato abbia il diritto di regolare un aspetto della vita di una persona. Il problema sorse in particolare riguardo a quando lo Stato potesse pretendere il proprio interesse e diritto nel regolare la potenziale vita e da quando si poteva considerare che il feto fosse a tutti gli effetti vivo. La Corte pretese di non rispondere a questi quesiti, ma in realtà stabilì che ogni regolamentazione statale precedente al viability fosse illegittima, implicitamente ponendo un limite alle azioni degli stati. Stabilì inoltre per viability il momento dal quale il feto può sopravvivere al di fuori della madre e lo fisso a 28 settimane, circa sette mesi.
Le interpretazioni e le conclusioni di Roe, suscitarono molto scetticismo, anche tra i pro-aborto, come Justice Ginsburg, una democratica convinta, che più volte si schierò contro Roe, sostenendo avesse impedito l’esercizio del processo democratico che all’epoca era iniziato e che stava portando ad una più tranquilla e progressiva liberazione in tutti gli stati, e contro le interpretazioni della Corte, la quella, secondo lei, aveva travalicato i confini della propria autorità, concedendo un diritto che non poteva essere ragionevolmente sostenere essere protetto dalla Costituzione.
Uno dei principali problemi fu infatti il ruolo giudicato da molti osservatori troppo “legislativo” di Roe. Infatti, partendo dal principio che, come ha detto Alexander Hamilton, la Costituzione non ha dato al ramo giudiziario “neither Force nor Will.”, la Corte Suprema non può legiferare e creare diritti che non siano protetti dalla Costituzione.
Tale modus operandi legislativo fu ripreso anche in Casey in cui la Corte ribadì quello che venne definito l’“essential holding of Roe”, decidendo quindi di riaffermare le interpretazioni legali di Roe, in particolare rifacendosi alla dottrina dello stare decisis, secondo la quale i precedenti della Corte sono vincolanti per le altre Corti inferiori e, per la Corte Suprema, sarebbe preferibile seguirli. Il principale scopo dello stare decisis, come lo descrisse l’Associate Justice Antonin Scalia, è di “protect reliance interest and futher stability of the law.”, tuttavia negli anni, attraverso diversi precedenti, la Corte stabilì dei test da applicare per analizzare la reale necessità di ribaltare un caso, ci ritorneremo più avanti.
Due aspetti vennero significativamente cambiati in Casey, il viability test, che venne abbassato da 28 settimane a 23/24 settimane, circa sei mesi, ed il test da effettuare per analizzare se una legge relativa l’aborto fosse o meno incostituzionale.
In Casey la plurality opinion scritta da Justice Kennedy, Souter ed O’Connor sostituì lo strict scrutiny test stabilito da Roe con l’undue burden test. Mentre nel primo test, la Corte deve analizzare la legge in questione e la può mantenere in vigore qualora la legge serva un compelling state interest, nel secondo caso invece, la Corte vieta semplicemente qualunque legge sia eccessivamente restrittiva nei confronti dei diritti dell’individuo. L’undue burden test venne utilizzato per la prima volta in una sentenza della Cote Suprema in Morgan v. Virginia, 328 U.S. 373 (1946), un caso riguardo la segregazione raziale nei trasporti pubblici.
La plurality opinion definì un undue burden qualsiasi: “[u]nnecessary health regulations that have the purpose or effect of presenting a substantial obstacle to a woman seeking an abortion impose an undue burden on the right.” Casey, 505 U. S., at 878 (plurality opinion). In particolare la Corte riconobbe, come nel caso di Roe, che lo “State has a legitimate interest in seeing to it that abortion, like any other medical procedure, is performed under circumstances that insure maximum safety for the patient.” Roe v. Wade, 410 U. S. 113, 150 (1973), tuttavia, aggiunsero che “a statute which, while furthering [a] valid state interest, has the effect of placing a substantial obstacle in the path of a woman’s choice cannot be considered a permissible means of serving its legitimate ends.” Casey, 505 U. S., at 877 (plurality opinion).
Uno dei primi problemi che venne alla luce con il nuovo test riguardava la sua workability, uno degli standard della Corte, che prevede che un test debba essere il più possibile applicabile in maniera semplice e chiara. Infatti, il problema più importante che sorse negli anni successivi riguardava la reale natura di un undue burden. Un esempio di ciò ci viene data dal concurance di Justice Stevens in Casey nel quale dimostrò la complicata interpretazione del termine, sostenendo che: “[a] burden may be ‘undue’ either because [it] is too severe or because it lacks a legitimate, rational justification.”.
Negli anni la Corte stabilì in molteplici sentenze successive cosa ritenesse un undue burden, tuttavia, come già detto, la natura di questo test si dimostrò alquanto vaga e non particolarmente chiara.
Dobbs Vs Jeckson
Poi arrivò Dobbs. Il Missisipi passò il Mississippi’s Gestational Age Act che stabilì che, salvo casi eccezionale, era vietato abortire dopo la quindicesima settimana, tre mesi, in linea con i paesi europei. Presto la Jackson Women’s Health Organization, una clinica per aborti, portò il caso in tribunale, vincendo in District Court, primo grado, ed in appello. Tuttavia, il Sollicitor General del Missisipi, l’avvocato dello stato, presentò un appello in Corte Suprema, che acconsentì a sentire il caso, presentado la domanda: “Whether all pre-viability prohibitions on elective abortions are unconstitutional.”.

Associate Justice Samuel Alito, l’autore di Dobbs Vs. Jackson
La sentenza di Justice Alito, pubblicata il 24 giugno 2022, inizia analizzando qualora la Costituzione faccia riferimento all’aborto; infatti, le analisi Costituzionali devono iniziare con “the language of the instrument,” Gibbons v. Ogden, 9 Wheat. 1, 186–189 (1824). Non essendoci alcun riferimento all’aborto nella Costituzione, la sentenza ha prima analizzato alcune interpretazioni ritenute di minore importanza, come quella dell’Equal Protection Clause del Quattordicesimo Emendamento, secondo la quale una regolamentazione sull’aborto violerebbe questa Equal Protection poiché ne risentirebbero solo le donne. Tuttavia, Justice Alito ha ricordato come delle leggi che regolano un aspetto singolare di un determinato sesso non possono essere ritenute discriminatorie in quanto l’oggetto della regolamentazione è proprio ad un solo sesso. La sentenza si è poi focalizzata sull’interpretazione del Due Process Clause del Quattordicesimo Emendamento.
Come già citato, lo standard per le analisi del Quattordicesimo Emendamento si incentrano su quanto stabilito in Washington v. Glucksberg, 521 U. S. 702, 721 (1997), nel quale la Corte precisò che i diritto potenzialmente protetti dal Quattordicesimo Emendamento devono essere “deeply rooted in this Nation’s history and tradition” e “implicit in the concept of ordered liberty.”. Justice Alito ha quindi proceduto ad un’analisi storica del diritto dell’aborto dall’epoca inglesa, definita di Common Law, che ha preceduto il diritto Costituzionale americano e che lo ha ispirato. Citando commentatori come Blackwell e altri eminenti studiosi e legali inglesi, la sentenza ha dimostrato come questo diritto non fosse mai stato protetto, né all’epoca inglese, ne tanto meno in quella pre Roe nel quale la pratica era vietata, e lo era sempre stata, nella stragrande maggioranza degli stati. Analizzando quindi la Costituzione e le controlling opinion relative il Quattordicesimo Emendamento è estremamente difficile sostenere come i Padri Fondatori possano aver avuto l’intenzione di proteggere l’aborto attraverso il Quattordicesimo Emendamento o qualsiasi altro emendamento, arrivando facilmente alla conclusione che “The Constitution makes no reference to abortion, and no such right is implicitly protected by any constitutional provision, including the one on which the defenders of Roe and Casey now chiefly rely—the Due Process Clause of the Fourteenth Amendment.” Dobbs.
L’ultima analisi si è incentrata sui parametri relativi lo stare decisis, in particolare workability e reliance. Uno degli aspetti, come già accennato precedentemente, più importanti relativamente la workability riguardava l’undue burden test.
La workability è “whether the rule it imposes is workable—that is, whether it can be understood and applied in a consistent and predictable manner. Montejo v. Louisiana, 556 U. S. 778, 792 (2009); Patterson v. McLean Credit Union, 491 U. S. 164, 173 (1989); Gulfstream Aerospace Corp. v. Mayacamas Corp., 485 U. S. 271, 283–284 (1988).” Dobbs. In particolare, nel caso di Casey è centrale nell’esame della workability tre termini: undue burden, substantial e unnecessary. Tre termini alquanto vaghi che non permettono una chiara e coerente interpretazione in quanto poco concreti e ben definiti. A prova di questo Justice Alito ha citato diversi casi successivi a Casey, sia della Corte Suprema che di Corti d’Appello, nei quali erano evidenti molti conflitti riguardo l’interpretazione di questi tre termini e un alquanto difficile applicazione nei vari casi.
Altro aspetto importante nell’analisi dello stare decisis è il reliance interest, che sussite “where advance planning of great precision is most obviously a necessity.” Casey, 505 U. S., at 856 (joint opinion). È difficile vedere come nell’aborto possa sussistere una neccesità di una pianificazione a lungo termine.
In Casey la Corte aveva analizzato la questione, ma era arrivata alla conclusione che potesse sussistere un tipo di reliance legato alla possibilità delle donne di partecipare in maniera più facile alla vità sociale grazie a questa garanzia ed in particolare che “people [had] organized intimate relationships and made choices that define their views of themselves and their places in society . . . in reliance on the availability of abortion in the event that contraception should fail” Casey. Tuttavia, Alito ha ricordato come per la Corte non sia possibile “generalized assertions about the national psyche.”, in quanto non costituisce un osservatorio sociale, ma un organo di interpretazione ed applicazione legale. In definitiva la maggioranza, citando Ferguson v. Skrupa, 372 U. S. 726, 729–730 (1963) ricorda come la Corte non deve “substitute their social and economic beliefs for the judgment of legislative bodies.” e non riesce quindi a trovare un concreto reliance interest.
Risolta la questione dell’interpretazione costituzionale e giunti alla conclusione che, in base ad i parametri dello stare decisis non sussistono i requisiti per mantenere un tale precedente con lo scopo di proteggere il “reliance interest of the law”, la sentenza arriva alla definitiva conclusione che “The Constitution does not prohibit the citizens of each State from regulating or prohibiting abortion. Roe and Casey arrogated that authority. We now overrule those decisions and return that authority to the people and their elected representatives.” Dobbs.
In ultima analisi è importante sottolineare per il lettore, che questa sentenza ha semplicemente annullato il diritto all’aborto a livello federale, e non ha in nessuna istanza vietato l’aborto, né questa sentenza avrà o potrà avere ricadute su altri diritti protetti dal Quattordicesimo Emendamento. Da più di cinquant’anni, nonostante fossero note le lacune di Roe e Casey il diritto all’aborto non venne mai codificato dal Congresso. La maggioranza della Corte, attraverso la sentenza di Justice Alito, ha voluto ristabilire la correttezza dell’interpretazione costituzionale e rimediare ad un “egregious wrong” Dobbs.
Ora, finalmente, dopo più di cinquant’anni, la responsabilità e l’onere di agire è tornata nelle mani degli Stati e del Congresso, obbligando tutti i politici e i rappresentati eletti della popolazione a prendersi le proprie responsabilità ed agire di conseguenza. In definitiva la Corte ha ristabilito l’ordine costituzionale e la corretta interpretazione del Quattordicesimo Emendamento, come già successo in Brown v. Board of Education of Topeka, 347 U.S. 483 (1954) e Obergefell v. Hodges, 576 U.S. 644 (2015), facendo quello che la maggioranza di Casey forse non aveva avuto il coraggio di fare, ma che era “what the Constitution and the rule of law demand” Dobbs. Come chiedeva anche Justice Ginsburg, la maggioranza ha permesso che il dialogo democratico riprendesse e ora, finalmente, come ha detto Justice Elena Kagan durante gli oral argument di National Federation of Independent Business v. Department of Labor, Occupational Safety and Health Administration, 595 U.S. ___ (2022):
“If people like this policy, they’ll go to the polls and vote it that way. If people don’t like it, they’ll vote that way. This is a publicly and politically accountable policy. …. Courts have not been elected.”.
Adriano,
Finalmente un articolo chiaro su cosa accade negli USA a proposito della legge sull’aborto.
Articolo che parla di fatti ed esclude ogni tipo di opinione personale, cosa che purtroppo stà avvenendo.
Bravo e continua cosí.